Che sono la nostra storia.
Quella forza che non ha mai ceduto a momenti difficili, estremi, come le guerre, le carestie, le pandemie. Se viviamo in un territorio ancora relativamente sano, nonostante tutto; se sentiamo ancora come importanti i principi di tolleranza, di abnegazione, di responsabilità, di rispetto verso cose e persone, lo dobbiamo, in gran parte, a coloro che hanno acceso queste macchine, arato sotto il sole, ballato nelle aie polverose, pianto della perdita di un raccolto, gioito della nascita di un nuovo, ennesimo, figlio.
Gennaio
Giornate che tramontano appena sorte e hanno il freddo colorato di grigio. La terra è dura, ostile, sotto la neve. Meglio il riparo della stalla, aspettando tempi migliori.
Si aggiustano e costruiscono gli attrezzi per iniziare una nuova stagione di lavoro nei campi, gabbie per animali, carretti, tregghie. E quando si può si creano giocattoli per i più piccoli.
Dal nulla nasce un sogno, una favola. Un desiderio, semplice, esaudito.
Febbraio
Le campagne sono ancora silenziose, avvolte in una immobilità apparente. Solo le antiche vigne sono avvicinate dall’uomo che, con rispetto, le pota e le cura, quasi a percepire una loro sofferenza, seguendo con lo sguardo le linee contorte del fusto e dei tralci.
Nelle case, invece, fervono i preparativi per il carnevale, per la festa. Maschere, dolci, scherzi. Divertirsi, festeggiare.
Marzo
Le giornate si allungano. Diventano veri giorni. Quando la neve si ritira, alla vista non più abituata, la campagna sembra quasi sporca. Ma ora si può lavorare, si può iniziare a piantare il trifoglio, l’erba medica, i foraggi.
La terra ritorna ad essere vicina ed amica, morbida e pronta a concedersi all’incontro del ferro degli attrezzi e dell’essere vivo delle sementi. Il sole resta alto più a lungo, più caldo, accompagnando le prime ombre di chi vanga con piccoli gesti la terra sotto i vigneti ed i frutteti. Si pianta il granoturco, elemento base di sussistenza, nelle zone più fresche del terreno, diviso in “quinti”.
Aprile
La vita è in fermento. Tutto si muove, rinasce, scalpita. Così come scalpitano i bambini, finalmente liberi di giocare davanti casa. Cosìcome scalpitano gli animali, di nuovo fuori dalle stalle.
Il lavoro frenetico si attenua durante la Settimana Santa, periodo in cui venivano “legate” le campane, il loro suono a festa era vietato da giovedì Santo fino al giorno della Resurrezione. In qui giorni strumenti come la “scandala” e la “raganella” venivano affidati ai bambini che annunciavano lungo le strade l’evento delle funzioni religiose.
Maggio
Ormai la campagna mostra se l’inverno è stato benevolo, se i contadini hanno fatto bene il proprio lavoro, se le pioggie primaverili hanno dato il giusto apporto alla terra senza disturbare la fioritura degli alberi. Lo spettacolo dei colori è trionfale. I profumi sono presenti in ogni anfratto, stradina, siepe, ripa. Quasi a voler alleviare il lavoro dell’uomo che in questo periodo è duro, stancante più che mai.
La mondatura del grano, la falciatura dell’erba, la realizzazione di pagliai con l’erba mestica, con il fieno, insieme alla zappatura del granoturco
e alla piantagione negli orti sono lavori fisicamente impegnativi, ma che hanno bisogno, soprattutto, di tecnica e precisione. Di conoscenza.
Giugno
Il mare di grano si tramuta, con i giorni, in una distesa di terra e fili biondi. Il caldo inizia a farsi sentire. Le famiglie intere sono nei campi. Le donne lasciano a casa i bambini più piccoli con un giochino arcaico tra le mani e vanno ad aiutare chi miete, chi lavora nelle vigne, chi costruisce i covoni. Presenze quasi magiche, con quella forma, quasi umana, a volte soldati disposti a fare la sentinella, a volte danzatori che si muovono in circolo. Silenziosi.
Luglio
Suono di cicale di giorno e grilli di notte, nei campi. Suono di ferraglia e motore, proveniente da giganti macchine rosse. E’ il tempo della trebbiatura. Le aie diventano il centro del lavoro, veloce, rumoroso, polveroso. Poi, una domenica, appena passata la mietitura, il grano viene dato in dono per ringraziare la Madonna del buon raccolto, con la Festa delle Cove, nei centri più grandi, e quella delle Canestrelle, attorno alle chiese rurali.
Canti, balli, vino, giovanotti affascinati da donzelle con l’abito della festa, pronti a promesse d’amore.
Agosto
I campi assolati sono deserti, silenziosi nelle ore più calde. I contadini aspettano la frescura per lavorare, sotto gli accoglienti alberi. I campi ricominciano ad essere solcati dall’aratro, quasi prua di nave tirata da pazienti animali, cambiando completamente il disegno del paesaggio.
E’ il momento più importante dell’anno per la compravendita di bestiame. Basta una stretta di mano, per definire una contrattazione per mantenere la parola data. Solamente una stretta di mano.
Settembre
Iniziano le prime pioggie che porteranno via il caldo. Si raccoglie il granoturco. L’ultimo raccolto prima della grande festa della vendemmia, che tutti aspettano e preparano. Si costruiscono e riparano i tini, le botti, i canestri. Sono questi elementi che trasformeranno l’uva in vino buono o cattivo.
Ottobre
Finalmente la vendemmia.
Vendemmiatori e vendemmiatrici lavorano sotto il sole ormai non più rovente, raccogliendo con cura e maestria i grappoli. I più robusti portano via i canestri stracolmi, per scaricare l’uva sui carri, fermi in paziente attesa. In tutta la campagna, nei paesi, nelle strade, l’odore di mosto riempie l’aria.
Odore di un lavoro antico.
Le strade si riempiono anche di pecore portate al pascolo con i cani orgogliosi e fieri del loro lavoro di contollo.
Novembre
Si sente arrivare l’inverno. E’ il mese in cui si fa scorta per i prossimi mesi freddi.
Si raccoglie la legna per il focolare, per scaldare e cucinare. Ci si ritrova insieme per mangiare quello che passa la stagione, per ascoltare, per pensare, per raccontare ai bambini. Si raccolgono le ghiande da dar da mangiare ai maiali, che sembra già presagiscano quanto stia loro per accadere. Dicembre è alle porte. E si raccolgie l’oliva, per farne olio. Trascorre anche tutta la notte, aspettando al frantoio il proprio turno, per riportare a casa il prezioso alimento.
Dicembre
La neve ormai ricopre il paesaggio. La vita scorre principalmente in casa ad accudire gli annimali. Ma il maiale ha un altra sorte, segnata, il rito si ripete, immutato, da sempre. L’animale sarà uno dei nutrimenti, ricchi, di tutto l’inverno. Il norcino, nell’occasione, diventa il protagonista, dirige e svolge, attentissimo, tutte le operazioni. Non è permesso sbagliare. Un errore nella lavorazione porterebbe alla perdita dei prodotti. All’impossibilità di sfamarsi.
Un altro anno finisce, arriva il Natale. Un altro anno sta per cominciare.